Vittorio Sella: l’assoluto fotografico della Montagna</a>
L’Europa del1800: gli albori della fotografia
Scalare una montagna e fotografarla non è un’impresa semplice, non lo è scalarla, e non lo è nemmeno fotografarla, soprattutto alla fine del 1800, quando i negativi non erano ancora stati inventati e si usavano lastre di vetro 30x40cm e camere grande formato e cavalletti che pesavano decine di kg.
Come scrive Chiara Dall’Olio, nella prefazione de - “La montagna rivelata”:
“…dovevano essere in primo luogo alpinisti e riuscire a camminare per giorni e latitudini e altitudini non usuali, ad attraversare ghiacciai e tormente di neve, evitare crepacci, scalare rocce: tutto quanto un alpinista deve affrontare abitualmente, con in più una macchina fotografica di grandi dimensioni e dei negativi su vetro”.
Ma prima di parlare delle attrezzature e delle imprese, cerchiamo di capire il contesto dove tutto questo è nato.
L’800 è stato un secolo straordinario, contraddistinto da innumerevoli invenzioni tecnologiche, fu il secolo delle grandi spedizioni intorno al globo alla scoperta della terra, resa per la prima volta quasi a portata di mano grazie alla scoperta del treno, delle automobili, dei dirigibili e dalla nascita di nuove figure tecniche: manovali, cartografi, alpinisti e…fotografi.
La montagna, vista sino a quel momento solo dalla valle ed evitata dalla borghesia considerando la montagna un luogo pericoloso e popolato per lo più da gente poco raccomandabile, divenne tutto a un tratto oggetto di attrazione e di studio: si intrapresero quindi grandi spedizioni atte a tracciarne i confini da parte degli Stati, ad osservarne da vicino i ghiacciai, a conquistare nuove vie e ad intraprendere ascensioni impossibili fino a pochi anni prima, in una sorta di “gara internazionale” alla scoperta di quella parte dell’Europa, le Alpi, ancora incontaminata.
E’ in questo contesto che nacque la fotografia di montagna, a metà tra documentazione tecnica (ad opera dei cartografi e dei militari) e all’arte pittorica (moltissimi fotografi arrivavano proprio dalla pittura). Con essa nacque la cultura della montagna stessa, tra fotografie di ascese diventate veri e propri eventi internazionali e copertine, articoli e guide dedicate alle scalate arrivate poi fino al grande pubblico.
Il Mont Blanc, il Monte Bianco e le Alpi divennero una meta obbligata a livello internazionale, ed è proprio da questa “moda” che nacque quello che venne chiamato “Le Gran Tour”, un viaggio con partenza e arrivo nella stessa città, che gli aristocratici di tutte le nazioni (inglesi in testa) intraprendevano verso l’Italia, al fine di conoscere la politica, la storia e le bellezze del nostro paese (a partire da Roma fino alle Alpi italiane ,svizzere e francesi). Fu anche l’epoca che vide come suo autorevole testimone una delle figure cardine della fotografia di montagna (e non solo) a livello internazionale: Vittorio Sella.
La famiglia che cambiò la storia: I Sella
Nato a Biella nel 1859 in una famiglia di alpinisti e imprenditori, Sella era circondato da personalità di spicco della vita sociale e politica di quel tempo, a partire da suo padre, Giuseppe Venanzio, studioso di chimica a Parigi, al suo ritorno in Italia sperimenta diverse tecniche di cianotipia, al collodio e all’albumina, lasciando a suo figlio Vittorio un manuale di fotografia, il famoso “Plico del Fotografo, manuale di arte pratica e teorica” da lui stesso redatto, un manuale che sarà fondamentale per l’inizio della sua avventura di fotografo. Venanzio fu anche fine imprenditore della lana, divenendo anche membro, nel 1862 dell’Esposizione Universale di Londra, con una relazione sull’industria tessile.
Ma Sella era circondato anche da altri illustri personaggi del suo tempo, e tra questi suo zio Quintino Sella: esperto di mineralogia, di matematica e di alpinismo (fu lui a compiere diverse imprese tra le quali l’ascesa al Monte Viso, o Monviso, di cui il Rifugio Quintino Sella ne è una testimonianza ancora viva) divenne una personalità di spicco nella politica nazionale, su invito di Cavour entrò in politica ricoprendo in poco tempo diversi e prestigiosi ruoli pubblici e divenendo Ministro delle Finanze nel 1862. Il suo amore per i minerali e per la montagna lo portò, nel 1863, a fondare il Club Alpino Italiano e in seguito, insieme a Giovanni Capellini, la società Geologica Italiana.
Vittorio Sella e la fotografia di montagna
Con la morte del padre Vittorio, da cui aveva ereditato un manoscritto sulle tecniche fotografiche da lui stesso scritto, all’età di sedici anni intraprende le sue prime scalate trascinando pesanti lastre al collodio umido e improvvisando una camera oscura in alta quota (la fotografia al collodio umido necessita di essere sviluppata e fissata entro massimo 10 minuti dal momento dello scatto).
Nonostante i tremendi sforzi e gli errori inevitabili proseguì la sua attività di scalatore fotografo.
"Dal 1880", scrisse, "ho deciso di combinare la fotografia con l'alpinismo e non mi sono interessato quasi affatto alle parti più basse delle montagne, e mi sono limitato al lavoro fotografico sulle vette, e a quelle più alte regioni delle Alpi, che erano poco conosciute e non erano state fotografate. "
Se qualcuno oggi si lamenta del peso delle proprie fotocamere, pensiamo che allora, e per gran parte del 900, la fotografia era sinonimo di Grande Formato (per chi volesse approfondire i formati della fotografia ho scritto un articolo qui), cioè di camere che pesavano anche 18 kg l’una (cavalletti, lastre, borse e materiale di lavoro escluso).
Quando guardiamo la maestosità delle immagini di Vittorio Sella dobbiamo pensare anche a questo: alla laboriosa e grande complessità (e delicatezza) di queste attrezzature, e di conseguenza all’immenso regalo che questo uomo, con dedizione maniacale e immensi sforzi, ha fatto a tutti noi.
In seguito lo sviluppo della gelatina d’argento consentì ai fotografi di poter sviluppare in un secondo momento le loro lastre aumentandone al contempo la qualità dei dettagli e le possibilità di fare scatti con tempi assai più veloci. Fu l’inizio della fotografia moderna.
Vittorio Sella non era il tipo che si tirava indietro nemmeno davanti a bufere ed ogni anno, dal 1879 al 1895, partiva per una spedizione in quota con uno scopo ben preciso: fotografare tutte le vette delle Alpi.
Sono più di mille le fotografie in grandissimo formato che Sella scattò, sviluppo e stampò, circa settanta fotografie all’anno, una quantità che può sembrare modesta, ma che rivela invece un grandissimo impegno e sacrificio, considerando, come già detto, le enormi difficoltà pratiche necessarie per eseguire correttamente ogni singola fotografia.
Sella ottenne enormi riconoscimenti, a partire da quelli conferitegli dallo zar Nicola II e dalla Royal Geographical Society di Londra che lo incoronarono non solamente a livello tecnico ma anche e soprattutto per le sue qualità di fotografo “universale”.
Le sue tre spedizioni in Caucaso centrale:
1889 luglio-settembre, prima spedizione nel Caucaso Centrale con il fratello Erminio e le guide Daniele Maquignaz, Giovanni Gilardi, i portatori Secondino Bianchetti e Giuseppe Gamba (112 lastre 30x40)
1890 giugno-ottobre, seconda spedizione nel Caucaso Centrale con Fabrizio Fabiano Croux, Secondino Bianchetti e Giuseppe Gamba (121 lastre 30x40)
1896 luglio-settembre, Terza spedizione nel Caucaso Centrale con Emilio Gallo, l'aiuto fotografo Erminnio Botta e il portatore Secondino Bisetta (Maccina fotografica Ross e Co.n° lastre 18x24 non pervenuto)
Più tardi fu al seguito di Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, come fotografo ufficiale delle imprese in Alaska (1897), in Ruwenzori (1906) e raggiungendo i 1750 metri del Karakorum (1909) all’età di cinquant’anni.
Insieme all’'alpinista Douglas W. Freshfield compì un’altra grande impresa, in Sikkim, lungo le pendici del Kangchenjunga (1899).
Ascese non solamente fisiche, ma in qualche maniera spirituali e mistiche, un’elevazione che lo ha portato a raffigurare la magnificenza della natura e lo spirito stesso delle montagne, con il rispetto, l’ammirazione e la venerazione che solo uno sguardo interiore “elevato” avrebbe potuto cogliere.
E’ proprio in questo ascolto che la fotografia svolge la sua funzione più importante: cercare di restituire la parte vitale e divina delle persone, della natura e del mondo.
Non è quindi un caso che un fotografo come Ansel Adams, un altro spirito sensibile alle vibrazioni della natura, alla morte di Sella scrisse parole di una profonda, mistica e quasi religiosa ammirazione per il suo lavoro.
Ancora oggi le fotografie di Vittorio Sella sono considerate il punto più alto della “fotografia di montagna”. Ancora una volta un esempio di come il valore del lavoro dell’uomo risiede prima di tutto nel suo cuore e subito dopo nelle sue mani.
Libri e link consigliati:
La Montagna Rivelata: fotografie di grandi viaggiatori e alpinisti tra ‘800 e ‘900
Vittorio Sella : Mountains Photgographer - 1879-1909: Alpi/Alps, Caucaso/Caucasus, Alaska, Sikkim, Ruwenzori, Karakorum: Alip/Alps, Caucaso/Caucasus, Alaska, Sikkim, Ruwenzori, Karakorum (Francese) Copertina rigida
Frozen in time. The mountain photography of Vittorio Sella. Catalogo della mostra (Londra, 25 giugno-14 settembre 2008). Ediz. inglese [Lingua inglese]
Se volete approfondire la sua storia ecco il link alla fondazione Sella
Link pdf “diapositiva1”, un pdf che ripercorre le sue tappe
Di seguito un’incredibile video con alcune spedizioni di Sella in Alaska e nel Caucaso.